domenica 27 agosto 2017

La lettera d'addio di Cesare Pavese alla sua Pierina prima del suicidio

Lo scrittore venne ritrovato morto suicida il 27 Agosto del 1950, dopo aver ingerito un quantitativo di sonnifero che gli fu fatale. Solo due mesi prima fu vincitore del celebre "Premio Strega". Molti ritengono che la sua morte sia stata la conseguenza di continue delusioni e difficoltà che l'autore non si sentiva più in grado di subire. A mio parere, come si evince dai suoi scritti, proprio questi ultimi, la sua "cenere" -  come da lui stesso definiti -  non sono altro che una continua richiesta d'aiuto, la quale però lui stesso non accetterebbe mai. Lui è un uomo eccessivamente introspettivo, malinconico, immune ad ogni gioia della vita, ad ogni reazione positiva, deciso e sicuro di vivere nella sua sofferenza, come se in nessun altro luogo si sentisse vivo. La sofferenza può essere affascinante, crea un mondo da cui è difficile uscirne, che ti ingloba, ti serra con delle catene. Catene, però, che è proprio l'uomo sofferente a stringere e a serrare completamente, fino a non volerne più uscire. Questo è stato l'atto estremo di un uomo che non si sentiva più adatto alla vita. 





“Cara Pierina, 
Ma tu, per quanto inaridita e quasi cinica, non sei alla fine della candela come me. Tu sei giovane, incredibilmente giovane, sei quello che ero io a vent’otto anni quando, risoluto di uccidermi per non so che delusione, non lo feci – ero curioso dell’indomani, curioso di me stesso – la vita mi era parsa orribile ma trovavo ancora interessante me stesso. Ora è l’inverso : so che la vita è stupenda ma che io ne sono tagliato fuori, per merito tutto mio, e che questa è una futile tragedia, come avere il diabete o il cancro dei fumatori. Posso dirti, amore, che non mi sono mai svegliato con una donna mia al fianco, che chi ho amato non mi ha mai preso sul serio, e che ignoro lo sguardo di riconoscenza che una donna rivolge a un uomo ? E ricordarti che, per via del lavoro che ho fatto, ho avuto i nervi sempre tesi e la fantasia pronta e decisa, e il gusto delle confidenze altrui? E che sono al mondo da quarantadue anni ? Non si può bruciare la candela dalle due parti – nel mio caso l’ho bruciata tutta da una parte sola e la cenere sono i libri che ho scritto. Tutto questo te lo dico non per impietosirti – so che cosa vale la pietà, in questi casi – ma per chiarezza, perchè tu non creda che quando avevo il broncio lo facessi per sport o per rendermi interessante. Sono ormai aldilà della politica. L’amore è come la grazia di Dio – l’astuzia non serve. Quanto a me, ti voglio bene, Pierina, ti voglio un falò di bene. Chiamiamolo l’ultimo guizzo della candela. Non so se ci vedremo ancora. Io lo vorrei – in fondo non voglio che questo – ma mi chiedo sovente che cosa ti consiglierei se fossi tuo fratello. Purtroppo non lo sono. Amore.”
Cesare



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