mercoledì 2 settembre 2015

Recensione: "La terra di Jan", Giuliano Forresu

La terra di Jan, Giuliano Forresu
LA TERRA DI JAN

Titolo: La terra di Jan
Autore: Giuliano Forresu
Pagine: 324
Edizione: Uomo arancia
Consigliato:

Questo libro è stato una piacevole sorpresa propostami da questo gruppo di scrittori per la quasi totalità esordienti, tra cui in questo caso spicca Giuliano Forresu, il quale ha già pubblicato precedentemente altre due opere, Le Universalizzabili pubblicato nel 2011 e Quasi libero pubblicato, invece, nel 2013. Essi hanno deciso di fondare questo progetto in quanto ciascuno di loro è legato agli altri dalla stessa "filosofia", ovvero le tematiche che si propongono di trattare mettono d'accordo le menti e le personalità di tutti.
Tra la fine di Settembre e l'inizio di Ottobre circa uscirà una seconda pubblicazione che vedrà protagonisti, a quanto ho potuto capire, l'intero gruppo. Dopo avervi un po' introdotto l'autore dell'opera e il gruppo a cui appartiene, di cui ne è anche uno dei fondatori, procedo direttamente a narrarvi il nucleo narrativo e le mie impressioni su di esso.
Il protagonista di questo romanzo è Sikaar, ragazzo nato e cresciuto fino all'età di vent'anni in un ipotetica Città futura (luogo e periodo non sono precisati) in cui si tende ad evidenziare una realtà ben nota a tutti noi. Traspare una società totalmente omologata, controllata, succube del potere politico che ha ridotto le loro menti a semplici macchine, la cui unica funzione è eseguire i comandi dettati dall'ordine istituzionario attraverso il potere di un unico grande mass media: il GTV. Questa Città è popolata da milioni di abitanti, ricopre una superficie enorme e ha come caratteristica principale il controllo di ogni sua componente, nonché di ciascuna delle persone che la abitano.
 Il governo sotto la quale questa città vive ha preso il potere in un tempo non troppo lontano, e il padre di Sikaar è nato e cresciuto prima che questo stile di vita si instaurasse. Ha, dunque, avuto modo di confrontarsi con una realtà differente, più vicina alla nostra, in cui ancora vi è quantomeno la possibilità di sperare che ciò che ci porta ad un punto di non ritorno, possa essere recuperato.
Vengono insegnate a Sikaar delle nozioni che dalle scuole sono ormai del tutto scomparse, perciò cresce con un'ideologia totalmente differente da quella che possiedono, invece, i suoi coetanei, totalmenti indifferenti a tutto ciò che li sta intorno e preoccupati solo di "eseguire gli ordini".
Questa sua passività, forzata da un sistema di oppressione di qualsiasi altra forma di espressione contraria alle Leggi, trova un barlume di speranza quando viene a conoscenza dell'esistenza di un luogo in cui ancora è possibile ritrovare quella libertà persa ormai da tempo, la cosiddetta "terra di Jan". Un luogo in cui suo padre ha sempre sperato di recarsi, ma per cause di forza maggiore questo non gli è stato possibile, perciò il suo desiderio è quello che riesca a giungerci Sikaar, per vivere da uomo, e non da semplice "macchina". Grazie ad un fortuito avvenimento, Sikaar riesce a fuggire via dalle mura della Città, pieno di ferite lancinanti che gli impediranno di dirigersi lontano, alla ricerca di quel luogo come aveva sperato. Ma, fortunatamente, da quelle parti si aggira un uomo su un cavallo che lo soccorre. Kanh, il nome dell'uomo, è un vero e proprio abitante di quel villaggio, quella terra tanto sperata e immaginata, e vi conduce Sikaar.
Nella terra di Jan Sikaar scopre una vita dettata dai ritmi della natura e della serenità, libertà e assoluta spontaneità. Una comunità molto ristretta di persone, una settantina circa, vive in quel luogo sconosciuto alla quasi totalità dei cittadini, attraverso il lavoro e la cooperazione vivono una vita serena e si dimostrano ben lieti di accogliere il giovane fuggiasco. Sikaar trascorre più di un ventennio in quella comunità e ne diventa uno degli abitanti di spicco. Riesce a costruire sulle fondamente della serenità una famiglia, una collaborazione perpetua con i suoi compagni, e una vita, forse monotona, ma libera. Questo luogo assume questo nome dal suo fondatore, Jan, fuggiasco anch'egli dalla città, il quale è stato in grado di erigere quel villaggio e di renderlo vivibile in maniera definitiva.
Per una serie di eventi, però, Sikaar è costretto a tornare in città, e l'unica via d'uscita risulterà quella di tentare un sabotaggio di quel sistema assurdo in cui lui è cresciuto.
Beh, che dire! L'ho letto in un solo giorno! Mi ha davvero coinvolta. Mi è sembrato di vivere con Sikaar  ogni singola avventura, dalla sua vita passiva all'interno dell'Istituto Istruzione, alla sua fuga, che gli ha portato non poche problematiche, alle peripezie nella foresta fino all'incontro con Kanh, che diverrà uno dei suoi più fedeli amici. L'arrivo al villaggio, che ha suscitato la curiosità di tutti gli abitanti, dei quali molti non avevano mai vissuto all'interno della città, o chi ci aveva vissuto, era stato portato via in tenera età. La vita di Sikaar scorre tranquilla, trova anche l'amore della bella e apparentemente irraggiungibile Kaya, i cui occhi e sorriso l'avevan già conquistato al primo sguardo. Di qui pensavo si narrasse la loro storia d'amore, i loro sentimenti reciproci che crescevan sempre più, ma così non è stato. Tuttavia, non è stata una mancanza che mi ha disturbata, perché lo scopo del romanzo non è il voler raccontare una storia d'amore con lieto fine, ma i danni di una società moderna, che si manifesta come al servizio dei suoi cittadini ma che nasconde una profonda e amara dittatura. I cittadini diventano schiavi della società, quella stessa società che dichiara ad alta voce il diritto di espressione, di parola, al lavoro, alla dignità della stessa persona. Ma è davvero così, poi? E' possibile davvero esprimersi in questo modo se alla minima espressione non conforme ai principi dettati dai "piani alti" si subiscono non lievi conseguenze? Può davvero chiamarsi questa libertà? Ho adorato la frase, a mio parere la più importante, che riassume l'intero concetto: "è la possibilità di scegliere che rende l'uomo libero, non la scelta in sè."
 Se è vero che la società tende a riunire sotto il suo unico palmo l'intero potere, non è altrettanto vero che i cittadini lo rendono possibile? O con pochi ostacoli? Voi direte, cosa potremmo mai fare noi contro un potere così grande? Ricordatevi che quel potere è esercitabile grazie alla nostra presenza, non si tratta più di istituire chi sia il più meritevole al comando, ma il meno peggio. Se non apriremo gli occhi e uniremo le nostre forze, ci omologheremo e accetteremo passivamente la stessa situazione vissuta da Sikaar e da quei milioni di cittadini. Tra quest'ultimi, tuttavia, vi è un'enorme maggioranza che alla proprià libertà preferisce le comodità di una società modernizzata e tecnologica. Perciò si può, dunque, affermare che la colpa sia unicamente dello Stato?
E' stata una lettura molto piacevole, scorrevole, in alcuni tratti vi si manifesta anche un linguaggio piuttosto "libero", riflesso della stessa libera condizione di vita, a mio parere sono un po' sgradevoli alla lettura alcune terminologie, ma comunque ho compreso il motivo per cui sono state inserite, e, tuttavia, non ci erano inadatte.
C'è anche da dire che Sikaar è sempre supportato nelle sue "avventure" da personaggi secondari, come, verso la fine della sua sfida contro il sistema della Città, da Karyl, un poliziotto che, tuttavia, è ancora lucido mentalmente e si accorge della stessa lucidità di Sikaar nel momento in cui viene catturato dagli agenti e trascinato all'Istituto Sanità dopo essersi nuovamente recato ai suoi confini. 
Insomma, io vi consiglio vivamente di leggerlo.
Vorrei rivolgermi a questo gruppo di scrittori, ringraziandoli per l'opportunità di leggere e di recensire questo bel libro, dovrebbero tutti "aprire le menti" e rendersi conto a cosa si può andare incontro, anzi, probabilmente ci stiamo già dirigendo verso quella direzione. E' stato illuminante, vivere nella semplicità, svolgendo il proprio lavoro così come avveniva un tempo, in particolare nell'ambiente delle campagne. Forse non si avranno tutte le tecnologie e le comodità di oggi, ma quantomeno si possiedono ancora dei neuroni funzionanti per sostenere una conversazione, per apprezzare le piccole cose, invece di pubblicare qualsiasi cosa sui social, diventando succubi del nulla. E allora.. grazie! (Voi capirete!)

Qui sotto vi lascio il link della loro pagina, visitatela e, se vi ho almeno un po' incuriosito, vi consiglio di acquistare il loro libro! (www.uomoarancia.blogspot.com)

VOTO: 8 1/2

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